18 Giugno 2018

Le eccellenze alimentari del nostro territorio, la loro diffusione e il ruolo dell’artigianato nella produzione è stato il tema affrontato durante la tappa a Langhirano per le celebrazioni del 70° anniversario di Confartigianato Imprese Parma.

Al Centro Culturale prima e al Museo del Prosciutto di Parma dopo, si è svolta la giornata di studi aperta dal presidente provinciale Leonardo Cassinelli: «Sono tante le soddisfazioni arrivate al tessuto nostro produttivo e a tutta la comunità grazie a questi prodotti e al fatto che sono state mantenute le antiche tradizioni nella produzione. Se oggi sono stati raggiunti grandi risultati, in termini di fatturato e di occupazione, una parte di merito è anche dell’artigianato. Ancora oggi, infatti, per attribuire qualità a un prodotto si dice che è “artigianale” fatto cioè con sapienza e cura, dunque “a regola d’arte”».

Pierlorenzo Dalla Fiora, presidente zonale di Traversetolo ha ricordato l’importanza dell’associazionismo citando un pensiero del fondatore Manlio Germozzi: «Confartigianato esprime idee che si rinnovano, che puntano sulla flessibilità del lavoro, sulla creatività per qualificare l’intero paese per ricordare i valori di questa associazione: la difesa dell’imprenditore, come individuo e come operatore economico e la valorizzazione della libera iniziativa».

Giordano Bricoli, sindaco di Langhirano, intervenuto alla giornata ha spiegato: «Il lavoro degli artigiani, delle pmi, l’ingegno, la creatività sono valori importanti che hanno contribuito a creare eccellenze famose in tutto il mondo, oggi siamo in un luogo di cultura anche perché è giusto comunicare da qui tutta la sapienza e che sta dietro a Prosciutto di Parma e Parmigiano Reggiano».

Giancarlo Gonizzi ha introdotto i temi spiegando le ragioni storiche che hanno consentito al nostro territorio di produrre così tanti straordinari prodotti.

Ripercorrendo la storia, Gonizzi ha ricordato il ruolo “decisivo” del sale per la conservazione degli alimenti e la grande presenza di pozzi e sorgenti nelle nostre colline a Rivalta (Ripa Alta) e a Salsomaggiore, questo ha stimolato la produzione dei salumi. Poi le vie di comunicazione, in particolare la strada che porta a Luni, che nel I secolo A.C. sorgeva sul mare. Da lì, con i prodotti padani si riforniva di cibo a capitale dell’Impero. «È quando è cambiata la mentalità e si è cominciato a produrre per la vendita e la commercializzazione e non solo più per la sussistenza, è quando è entrato in gioco l’artigianato che le cose sono cambiate – ha spiegato Gonizzi».

I monaci cistercensi attorno al 1100 iniziarono a bonificare le terre tra la via Emilia e il Po, dove si iniziarono ad allevare bovini e in qualche modo era necessario trovare il modo di creare un formaggio che si conservasse più a lungo possibile, che durasse nel tempo. Il “Casus parmensi” lo ritroviamo per la prima volta a Genova in un registro di carico di una nave in partenza per l’Europa. Determinante anche il ruolo di Ranuccio Farnese che nel 1612 stabilì che si poteva chiamare Parmigiano Reggiano solo se prodotto in determinate località, un primo esempio di DOP nella storia dell’uomo.

Stefano Magagnoli, docente di storia economica all’Università di Parma, ha illustrato come sono cambiate le tecniche di comunicazione dei due prodotti a partire dagli anni del boom economico, fino ad arrivare ai nostri giorni, grazie alla proiezione delle principali campagne pubblicitarie dei due prodotti.

Giovanni Ballarini, presidente onorario Accademia italiana della Cucina, già professore ordinario di clinica medica alla facoltà di Veterinaria del nostro ateneo, a Parma dal 1953, ha spiegato come artigiani e Università insieme hanno contribuito a risolvere molti problemi, negli anni, relativi alla produzione di Parmigiano e Prosciutto. Citando Thomas Mann, Ballarini ha concluso dicendo «Tipico è il prodotto che si può e si deve raccontare e il racconto migliore si fa assaggiando e mangiando».

Un assaggio che è stato fatto grazie agli chef di Parma Quality Restaurant Nico Tamani (Vecchia Fucina di Bannone) e Simone Ciancolini (Vecchio Borgo di Borgotaro) che hanno reinterpretato i prodotti rielaborandoli in nuove ricette. A raccontare i loro piatti è stato Paolo Tegoni, docente di Cultura gastronomica e del vino del territorio all’Università degli studi di Parma.

 

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